I nitriti e nitrati nelle carni: non allarmiamoci troppo
a cura di Nicola Matteucci
Indice dei contenuti
Introduzione
L’impiego di nitriti (E250) e nitrati (E251–E252) nella lavorazione delle carni è una pratica consolidata. Queste sostanze garantiscono sicurezza microbiologica, stabilità del colore e caratteristiche organolettiche, ma sollevano anche questioni biochimiche, tossicologiche e regolatorie.
Il nitrato agisce come riserva: viene ridotto a nitrito, che rappresenta la forma attiva all’interno della carne. Il nitrito, attraverso reazioni di riduzione e ossidoriduzione, genera ossido nitrico (NO), responsabile della tipica colorazione rosata delle carni trattate.
Ruolo tecnologico dei nitriti
L’ossido nitrico reagisce con la mioglobina formando il complesso nitrosil-mioglobina, stabile anche alla cottura. Per favorire la formazione del colore si aggiungono coadiuvanti come acido ascorbico o isoascorbato, che rigenerano lo stato ferroso dell’eme.
Parallelamente, i nitriti inibiscono la crescita microbica, soprattutto di Clostridium botulinum, grazie all’azione di NO e derivati nitrosativi sui sistemi enzimatici dei batteri. Questo duplice ruolo – cromatico e antimicrobico – è alla base della loro codificazione nei regolamenti internazionali, che ne limitano l’uso (es. 150 mg/kg per gli insaccati secondo normativa UE).
Rischi e criticità
Tra gli effetti indesiderati spicca la formazione di N-nitrosammine, composti potenzialmente cancerogeni generati dalla reazione dei nitriti con ammine in condizioni di calore elevato o pH acido.
Un ulteriore rischio è la metaemoglobinemia, causata dall’ossidazione del ferro eme (Fe³⁺), che riduce la capacità del sangue di trasportare ossigeno. Tale condizione interessa soprattutto lattanti e soggetti con deficit enzimatici.
Ciclo metabolico dei nitrati
Nell’uomo, i nitrati seguono un ciclo enterosalivare: parte dei nitrati ingeriti viene ridotta a nitriti nella saliva. Questi, a livello gastrico, possono generare ossido nitrico – benefico come vasodilatatore e antimicrobico – ma anche partecipare alla formazione di nitrosammine.
L’effetto è quindi bifasico: da un lato protettivo (benefici cardiovascolari), dall’altro potenzialmente oncogeno in caso di eccessiva nitrosazione endogena.
Interazioni con la matrice della carne
I nitriti reagiscono con proteine e lipidi, modificandone la struttura. Le reazioni con i gruppi tiolici e amminici possono alterare la funzionalità proteica, mentre la perossidazione dei lipidi porta alla formazione di aldeidi tossiche e alla rancidità.
Antiossidanti naturali (tocoferoli, polifenoli) o aggiunti (ascorbato) riducono questi effetti, ma non li eliminano completamente. Il pH, la temperatura e i tempi di conservazione restano determinanti nel bilanciare effetti positivi e negativi.
Gestione tecnologica e strategie di riduzione
La gestione dei nitriti non si riduce alla sola “dose” ma richiede una visione integrata di processo, composizione e coadiuvanti.
Le industrie stanno riducendo progressivamente i livelli addizionati e utilizzano starter microbiologici controllati, antiossidanti e tecniche di processo mirate a limitare la formazione di nitrosammine.
Tuttavia, finché non saranno disponibili alternative altrettanto efficaci dal punto di vista microbiologico, i nitriti restano indispensabili per la sicurezza alimentare.
Normativa europea e quadro regolatorio
Secondo il Regolamento (UE) n. 1129/2011 e successivi aggiornamenti (es. n. 601/2014), i nitriti e nitrati sono additivi autorizzati con limiti d’uso precisi.
L’uso risale a secoli fa (salnitro), ma solo nel XX secolo è stato standardizzato chimicamente e regolato sulla base di valutazioni tossicologiche condotte da EFSA, JECFA e IARC.
Classificazione IARC e interpretazione del rischio
L’IARC classifica i nitrati e nitriti ingeriti come “probabilmente cancerogeni per l’uomo” (Gruppo 2A) solo se in condizioni che favoriscono la nitrosazione endogena.
Questa classificazione indica un potenziale meccanismo di pericolo, non una misura diretta del rischio.
Analogamente, la carne processata è inserita nel Gruppo 1 (cancerogena per l’uomo), ma tale classificazione deriva da studi osservazionali su più fattori (eme ferro, alte temperature di cottura, composti aromatici, dieta complessiva).
Limiti di assunzione e valutazioni EFSA
EFSA e JECFA hanno stabilito valori guida di Assunzione Giornaliera Accettabile (ADI):
- Nitrito: 0,07 mg/kg peso corporeo/die
- Nitrato: 3,7 mg/kg peso corporeo/die
EFSA riconosce il ruolo dei nitriti nella formazione di nitrosammine ma evidenzia anche le strategie di mitigazione, come l’uso di ascorbati e il controllo tecnologico.
Funzioni aggiuntive nella carne
Oltre al colore e alla sicurezza microbiologica, i nitriti contribuiscono a:
- Aroma caratteristico dei prodotti stagionati (“cured meat flavor”)
- Effetto antiossidante contro radicali e perossidi
- Stabilità reologica delle proteine
- Sinergia con sale, zuccheri e agenti riducenti, che migliorano qualità e sicurezza
Riduzione dei limiti dal 2025
Dal 9 ottobre 2025, sono entrati in vigore nuovi limiti previsti dal Regolamento (UE) 2023/2108:
- Prodotti non trattati termicamente: da 150 mg/kg a 80 mg/kg
- Prodotti sterilizzati: da 100 mg/kg a 55 mg/kg
- Prodotti tradizionali (salumi stagionati): da 100 mg/kg a 65 mg/kg
Questa revisione nasce dall’intento di ridurre l’esposizione cumulativa ai nitriti, mantenendo però la sicurezza microbiologica dei prodotti.
Motivazioni e impatti
La decisione europea è frutto di un lungo processo di revisione scientifica che bilancia sicurezza alimentare e tutela della salute.
Negli ultimi anni sono migliorate le tecniche di conservazione e igiene, riducendo la necessità di dosaggi elevati.
Anche l’industria, grazie a nuove tecnologie e additivi naturali, è oggi in grado di garantire colore, aroma e shelf-life con concentrazioni inferiori.
Considerazioni finali
La riduzione dei limiti non è una risposta emergenziale, ma l’evoluzione di un percorso scientifico e normativo.
Oggi possiamo garantire prodotti sicuri, stabili e di qualità con dosi di nitriti molto più basse rispetto al passato.
