Additivi alimentari e carry-over: il confine tra uso lecito e non conformità
a cura di Nicola Matteucci
Indice dei contenuti
Introduzione
Nel mondo della trasformazione alimentare, la presenza di additivi è strettamente regolamentata per garantire la sicurezza dei consumatori e la corretta informazione in etichetta. Tuttavia, esiste una condizione particolare in cui un additivo può trovarsi in un alimento senza essere stato aggiunto intenzionalmente: è il cosiddetto effetto carry-over.
(In pratica, si parla di “carry-over” quando un additivo arriva nel prodotto finale per trascinamento da un ingrediente che lo conteneva, anche se non è stato usato direttamente nella ricetta.)
Questo fenomeno, apparentemente secondario, è invece di grande importanza per chi si occupa di controllo qualità e conformità normativa, poiché può influire sull’etichettatura, sulla sicurezza e sulla conformità del prodotto finito.
Cosa si intende per “carry-over”
Secondo la definizione del Regolamento (CE) n. 1333/2008, per carry-over si intende la presenza non intenzionale di un additivo in un alimento a seguito del suo impiego in uno degli ingredienti.
L’additivo, in questo caso, non viene aggiunto per svolgere una funzione tecnologica nel prodotto finito (come conservare, colorare o addensare), ma è presente solo in tracce residue.
(Per esempio: se un produttore utilizza un formaggio contenente nitrati per preparare una lasagna, l’additivo “nitrato” può trovarsi anche nel piatto finito, pur non avendo alcuna funzione tecnologica diretta nella lasagna stessa.)
Le condizioni di ammissibilità
Il Regolamento europeo stabilisce che il carry-over è ammesso solo se vengono rispettate alcune condizioni:
- L’additivo deve essere autorizzato nell’ingrediente di origine.
- La quantità presente nel prodotto finale deve essere tecnologicamente inevitabile.
- L’additivo non deve svolgere alcuna funzione tecnologica nel prodotto finito.
Questo significa che la sua presenza deve essere puramente accidentale e non intenzionale, derivante dal processo produttivo o dagli ingredienti utilizzati.
Il principio di “assenza di funzione tecnologica”
Uno degli aspetti più delicati è proprio la valutazione della funzione tecnologica.
Se l’additivo presente per carry-over esercita anche in minima parte un effetto nel prodotto finale (ad esempio, conserva o stabilizza), non si può più parlare di carry-over, e la sostanza deve essere dichiarata in etichetta come additivo vero e proprio.
(Questo principio è fondamentale per la trasparenza verso il consumatore: se l’additivo “funziona”, deve essere indicato.)
Esempi pratici
Alcuni casi comuni di carry-over nel settore alimentare includono:
- Nitrati o nitriti provenienti da ingredienti come carni trattate o formaggi stagionati.
- Anidride solforosa e solfiti residui in prodotti che contengono vino o uvetta trattata.
- Antiossidanti trasferiti da oli o grassi utilizzati nella preparazione.
In tutti questi casi, se l’additivo non ha funzione nel prodotto finito, non è necessario dichiararlo in etichetta. Tuttavia, le aziende devono essere in grado di dimostrarlo tramite analisi o documentazione tecnica.
Il ruolo della documentazione tecnica
Il produttore ha la responsabilità di verificare e documentare la presenza di additivi derivanti da carry-over.
È fondamentale mantenere una tracciabilità completa delle materie prime e dei loro componenti, incluse le schede tecniche che riportano gli additivi eventualmente utilizzati.
(Nel piano di autocontrollo aziendale, questa verifica rientra nelle procedure di conformità e valutazione della sicurezza, spesso gestite in collaborazione con il tecnologo alimentare.)
In caso di dubbi, è consigliabile effettuare analisi di laboratorio o richiedere ai fornitori dichiarazioni specifiche sull’eventuale presenza di additivi residui.
Implicazioni sull’etichettatura
Se un additivo è presente per carry-over e non svolge alcuna funzione tecnologica, non deve essere indicato in etichetta.
Viceversa, se la sostanza ha effetto sul prodotto (ad esempio, prolungando la conservabilità o migliorando la texture), allora deve essere riportata tra gli ingredienti, con la denominazione e la categoria funzionale prevista dalla normativa.
La Commissione europea e gli Stati membri forniscono periodicamente linee guida per aiutare i produttori a interpretare correttamente queste situazioni, evitando errori di etichettatura o sanzioni.
Un caso particolare: gli alimenti composti
Quando un ingrediente composto (cioè un prodotto che contiene più ingredienti, come un sugo, un formaggio o una salsa) viene utilizzato per preparare un altro alimento, può trasferire nel prodotto finito additivi presenti al suo interno.
Il produttore finale deve quindi valutare se tali additivi:
- sono necessari nel prodotto finito (e quindi da dichiarare), oppure
- sono presenti solo come residui inevitabili (e quindi rientrano nel carry-over).
Conclusioni
Il fenomeno del carry-over rappresenta una zona grigia della legislazione alimentare, dove la linea di confine tra presenza accidentale e funzione tecnologica può essere sottile.
Per le aziende, una corretta gestione documentale e un’attenta analisi delle materie prime sono essenziali per evitare non conformità e garantire la trasparenza verso il consumatore.
